Storie di emigrazione

“Quello della nostalgia è un sentimento, una lingua universale che alimenta la cultura, la letteratura, il calore della conoscenza e del ricordo, la speranza di un viaggio alla ricerca delle proprie origini, siamo figli di un ritorno a casa o di un mancato ritorno.
Comunque la si veda, ognuno di noi deve fare i conti con le proprie radici per ricongiungersi al presente della propria esistenza.”

Gli italiani all’estero
alla madre patria

“Gli Italiani all’estero alla Madre Patria”, recitano le scritte sui bracieri dell’Altare della Patria, erano italiani emigrati alla ricerca di maggiore benessere e con le loro donazioni avevano contribuito alla costruzione dell’Altare della Patria. I loro discendenti sono oggi molto numerosi, e spesso alla ricerca del loro retaggio italiano. Più numerosi di quelli che vivono nei confini nazionali, quasi 80 milioni discendenti di immigrati Italiani che vivono fuori dei confini dell’Italia, a fronte degli italiani sul territorio italiano stimati in circa 60 milioni, tanto che potremmo considerare l’emigrazione italiana tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX come espansione della nazione italiana.

In tale pacifica espansione nelle nazioni di arrivo, gli italiani hanno diffuso la loro lingua, le loro antichissime tradizioni, la loro cultura, la storia, la civiltà di cui sono eredi, italica, romana , medievale e rinascimentale nella continuità con cui si sono succedute e continuano anche oggi a dare parole, simboli e ispirazione alla modernità nelle diverse forme che assumono il potere e l’arte, l’economia e la comunicazione.

A lungo i valori civili degli italiani sono stati apprezzati, citati, evidenziati, riportati nelle opere letterarie come nelle scritte sui monumenti, e ricordiamo per tutte le sei allegorie dell’Altare della Patria che rappresentano: la forza, il diritto, la concordia, l’azione, il pensiero, il sacrificio.

Per secoli, gli Italiani sono stati esploratori, inventori, ricercatori di nuove rotte di terra e di mare, di sviluppo economico e sociale con una lunga tradizione di viaggiatori, mercanti, esploratori, migranti. Spinti da quel bisogno tutto italiano che è l’azione, di non fermarsi mai e proseguire sempre verso il destino, verso l’ignoto.

Gli italiani nel mondo

Ma oltre ai celeberrimi esploratori e navigatori quali Marco Polo, Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci, la diffusione dell’italianità nel mondo e fatta dai tantissimi personaggi meno noti ma di cui è costellata la storia d’Italia e dei suoi tanti territori, che hanno contribuito a riscrivere la geografia e la storia del mondo intero, delle popolazioni che ivi esistevano con i loro riti e costumi.

E’ dal 1800 in poi, e soprattutto a seguito dell’Unità d’Italia, che gli Italiani sono emigrati in altri paesi per tanti motivi, ma soprattutto per opportunità di lavoro e crescita. Milioni di Italiani tra il 1880 e il 1920 sono emigrati in Brasile, Argentina, Stati Uniti, Canada, e in altri paesi tanto da stimare in circa 80 milioni i discendenti di immigrati Italiani.

Molti cittadini, prevalentemente poveri italiani operai e contadini nelle zone rurali, decisero di sfuggire alla povertà e migliorare la loro vita cercando migliore occupazione e opportunità di crescita futura in altri paesi. Il flusso migratorio coinvolse anche professionalità artigiane molto ricercate all’estero e dotati di una forte etica del lavoro.

Tutti fortemente legati alle loro origini e ai luoghi da cui provenivano e che si chiamavano tra loro “Paisans” ossia i Paesani, per distinguersi dai cittadini delle città i “civies”.

Prima del 1890, una maggior parte degli immigrati italiani erano originari del nord Italia. Successivamente la maggior parte dell’emigrazione si concentrò nel Mezzogiorno d’Italia – Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.

Tra il 30 e il 50 percento degli emigrati italiani tornò in Italia nel giro di cinque anni. Coloro che non tornarono, trapiantarono il loro profondo amore per la loro famiglia e il loro retaggio e cultura italiana nei loro nuovi paesi, e molti inviarono denaro necessario al sostegno delle loro famiglie ancora in Italia.

I principali porti d’imbarco dall’Italia furono Genova, Napoli e Palermo. I principali paesi di destinazione sono stati Brasile, Argentina, Stati Uniti, Venezuela e Canada, come evidenzia la tabella di seguito che esprime in numeri la stima gli italiani all’estero e gli oriundi e discendenti italiani.

Alla ricerca degli antenati: gli archivi

Gli 80 milioni di discendenti di immigrati Italiani che vivono all’estero sono spesso desiderosi di conoscere le loro origini e la storia della famiglia da cui provengono.

Ma come fare a ricostruire la propria storia familiare? Gli strumenti principali sono i registri civili e gli archivi parrocchiali.

La storia dei registri di stato civile in Italia ha radici antiche a far data dal diritto romano e riguardanti solo parte della popolazione, quella che avevano un cognome, succedutasi nei secoli a partire dal Concilio di Trento (1563), passando per l’editto di Napoleone (1806) e successivamente nei tanti regolamenti giuridici dello Stato moderno che ha accompagnato la definizione stessa dello stato civile costituente quel complesso delle posizioni giuridiche che la persona assume nella società, come cittadino, o all’interno della famiglia, come coniuge o figlio.

Successivamente al 1806 e fino al 1815 (caduta di Napoleone) che aveva introdotto l’obbligo del cognome e la pratica di tenere i registri di stato civile, si iniziò il percorso in molte zone d’Italia che ne erano sprovviste disponendo solo dei registri ecclesiastici. La pratica fu rigidamente attuata e successivamente proseguita negli anni successivi se pure in forme diverse.

Dal 1815 al 1865 fu adottato, essenzialmente nell’Italia meridionale, lo stato civile borbonico, voluto da Ferdinando I di Borbone, re di Napoli, che dettò dei cambiamenti relativi ai registri di stato civile napoleonici e al modo in cui dovevano essere tenuti.

Successivamente al 1866 e fino ad oggi, si è cominciato a tenere i registri di stato civile italiani con l’obbligo a tutti i Comuni garantendo una maggiore uniformità in tutta Italia.

Nel corso di quell’anno nacque ufficialmente lo Stato civile italiano, che raccoglie gli atti redatti sotto il governo italiano. Prima del 1866, questi documenti venivano generalmente scritti a mano perché i moduli prestampati non venivano sempre forniti. Intorno al 1875, invece, i moduli stampati divennero prevalenti e molti dei nomi delle giurisdizioni italiane iniziarono a cambiare.

Alla su descritta variegata situazione storica, politica e sociale, vanno aggiunti alla consultazione gli archivi dei Registri Parrocchiali e Vescovili della Chiesa cattolica, molto spesso solo cartacei e non digitalizzati, ma che si estendono molto indietro nel tempo rispetto ai Registri di stato civile dello Stato italiano.

Furono infatti le disposizioni del Concilio di Trento del 1563 che resero obbligatori per i parroci la registrazione dei nomi e cognomi delle persone in appositi registri parrocchiali dove venivano raccolti gli atti relativi a battesimi, cresime, matrimoni e funerali.

Sin dopo che il Concilio di Trento aveva sancito l’obbligo per i parroci di tenere i registri dei battesimi, dei matrimoni e dei decessi di tutti i loro fedeli, il clero si è fedelmente impegnato a farlo. In ogni città, villaggio o borgo in Italia dove è presente una parrocchia, la Chiesa cattolica ha tenuto registri delle nascite, delle morti e dei matrimoni di quasi ogni italiano a partire almeno dagli inizi del Seicento. Considerando che la maggior parte delle famiglie italiane spesso non si trasferiva, spesso è possibile ricavare quattro secoli di storia familiare da un’unica parrocchia.